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INDICE


Introduzione…………………………………………………………………………………...1


I. Le radici del conflitto


1. Kòsovo o Kosòva. Due versioni della stessa storia…………………………………………………4

    1.1 Demografia e nazionalismo: i concetti teorici alla base del conflitto…………………………..4

    1.2 Dalla Jugoslavia di Tito alla Serbia di Milošević……………………………………………….8                       

2. La guerra sotterranea: 1989-1999…………………………………………………………………...9

    2.1 Underground Kosovo: la non-violenza di Rugova. 1989-1995………………………………..10                              

    2.2 L'Uçk e l'estremismo militante. 1996-1998……………………………………………………12

    2.3 Il fallimento della diplomazia……………………………………………………………….....14

    2.4 Lintervento della Nato………………………………………………………………………...16

3. Gli aspetti controversi della guerra e gli errori della Serbia……………………………………….18   

    3.1 I perché delle scelte politiche di Milošević ……………………………… …………………...18

    3.2 Tra unilateralismo e diritto internazionale: aspetti giuridici dell'attacco Nato………………...20 

   

II. Il progetto internazionale


1. La sistemazione post-bellica…………………………………….…………………………………24

    1.1 Fuori la Serbia dentro la Nato……………………………….…………………………………24

    1.2 Il sistema dei mandati……………………………………….………………………………....27

    1.3 La struttura della missione internazionale………………….……………………………….....29

2. Attori internazionali e interessi regionali……………………….……………………………….....34

    2.1 Gli Stati Uniti e la Nato………………………………………….…………………………….34

    2.2 La Russia……………………………………………………….……………………………... 37

    2.3 L’Unione Europea……………………………………………….…………………………......39

    2.4 La crisi dell'Onu……………………………………………….……………………………….41

3. Lo status giuridico del Kosovo…………………………………………………………………….42

    3.1 L'assetto giuridico……………………………………………………………………………...42

    3.2 Un problema rimasto irrisolto………………………………………………….……………....43


III. Prospettive future


1. L’indipendenza…………………………………………………………………………………......46

    1.1 La svolta di febbraio…………………………………………………………………………...46

    1.2 Il problema del riconoscimento: paralleli balcanici……………………………………….…...47

    1.3 Sovranità de jure ma dipendenza de facto…………………………………….……………….48

2. Risposte regionali e attori internazionali……………………………………………….………….50

    2.1 La strategia serba di destabilizzazione…………………………………………………………51

    2.2 I vicini regionali e l’instabilità degli assetti balcanici…………………………………………53

    2.3 Attori internazionali:Usa, Russia, Ue…………………………………………………………..55

3. Le nuove sfide per il Kosovo: una partita ancora aperta……………………………………… ….59

    3.1 I problemi interni……………………………………………………………………………....59

    3.2 Le possibili vie d'uscita: una nuova spartizione?.................................... ………………...........63


Conclusione……………………………………………………………………………… ….66



INTRODUZIONE


Prima di iniziare una qualsiasi analisi sui Balcani, e in particolare sul Kosovo, bisognerebbe tenere sempre a mente una celebre frase dello storico inglese Hugh Seton Watson: “I popoli balcanici producono più storia di quella che riescono a consumare”. Questa frase racchiude in sé il significato di molti conflitti in una terra di mezzo, per secoli al centro di rivendicazioni, soprusi e violenze, spesso contesa da grandi imperi e sempre controllata da coloro che non ne erano i veri padroni. I Balcani in generale, e il Kosovo in particolare, sono da sempre stati un miscuglio di popoli, etnie, culture e religioni diverse, sparsi qua e là senza confini precisi. A lungo divisi tra il dominio, e l'influenza religioso-culturale, dell'Impero Ottomano, dell'Impero Austro-Ungarico e della Russia zarista, e talvolta interesse di qualche potenza occidentale, questi popoli hanno tuttavia mantenuto un forte senso di identità che solo nei momenti di caos, come appunto lo smembramento di un impero di cui erano solo una piccola parte, emerge con tutta la sua forza dirompente, e violenta, richiamandosi a sentimenti di nazionalismo puro e ad un ritorno alle origini, assieme ovviamente a rivendicazioni di tipo territoriale.

L’obiettivo di questo lavoro è di mostrare come la situazione presente oggi in Kosovo non sia altro che la logica conseguenza del modo in cui si è evoluta la crisi, sia a causa di fattori intrinseci, come la tipologia di conflitto e il contesto socio-culturale, che di fattori esterni, come l’approccio dei vari attori internazionali.

In particolare si vuole dimostrare che il susseguirsi degli eventi durante tutto l’arco della crisi del Kosovo si sviluppano lungo una direttrice causa-effetto, ossia che il passaggio alla fase successiva è determinata da cause ben precise che a loro volta dipendono dalle modalità con cui la vicenda è stata gestita nella fase precedente. Insomma sussistono una serie di concause che hanno determinato prima la degenerazione del conflitto in guerra aperta, poi il fallimento della missione internazionale dopo dieci anni di sforzi e di ambiziosi progetti.

Inoltre si metteranno in luce tutta una serie di elementi ricorrenti che emergono in ogni fase della crisi. In particolare verranno analizzati alcuni aspetti giuridici che complicano maggiormente la situazione: l’intervento della Nato rispetto alle norme di diritto internazionale, le ambiguità della risoluzione Onu 1244 e i mandati della missione, e le discrepanze tra ciò che stabiliscono le fonti giuridiche e la realtà della situazione locale. In questo modo si dimostrerà come le contraddizioni tra le fonti di diritto siano un problema costante della crisi, ancora oggi rimasto irrisolto.

     Infine verrà analizzato l’approccio dei vari attori internazionali: Stati Uniti, Russia, Unione

Europea e Onu. Questo servirà a dimostrare che importanti attori esterni hanno avuto, e hanno ancora, una significativa influenza sul modo in cui si è evoluta la crisi. Dall’analisi degli obiettivi, delle percezioni e delle azioni di tali attori emergerà con chiarezza che le sorti del piccolo Stato balcanico sono indissolubilmente legate allo sviluppo dei rapporti tra questi colossi della politica internazionale. 

Il lavoro è stato suddiviso in tre parti che corrispondono alle fasi in cui si sviluppa la vicenda.

L’analisi della crisi del Kosovo deve dunque partire dalle origini del conflitto. Nella prima parte infatti verranno prese in analisi le cause profonde di un conflitto etnico, che formalmente ha inizio nel 1989, ma che affonda le sue radici nel passato. Verranno dunque illustrati i concetti teorici alla base del conflitto, ossia i concetti di etnia e nazionalismo, e il modo in cui tali categorie vengono intese, e dunque si manifestano, nel contesto balcanico, e kosovaro in particolare. In tal modo si vuole mostrare la relazione che sussiste tra queste categorie concettuali e le più concrete rivendicazioni territoriali nella regione. Inoltre si metterà in evidenza il contesto storico in cui nasce la crisi, ossia la disgregazione della Jugoslavia e, attraverso la descrizione degli avvenimenti chiave, si cercherà di spiegare come mai in questo caso non è avvenuta una successione pacifica dei poteri dal governo centrale jugoslavo a quello locale (come per Slovenia, Croazia e Macedonia), anzi come si sia verificata una lunga escalation di violenze, culminate nella guerra del 1999. La prima fase si conclude dunque con la campagna aerea della Nato contro la Serbia di Milošević. Tale intervento sarà analizzato nei suoi aspetti più controversi al fine di dimostrare come esso venga effettivamente condotto in violazione del diritto internazionale. Ciò comporta che la missione internazionale che segue sia già in partenza compromessa, poiché le fonti giuridiche che dovrebbero legittimarla sono già di per sé poco convincenti.

La seconda fase della crisi si apre con il lancio di una missione internazionale guidata dall’Onu, legittimata dalla risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza. In primo luogo verrà descritta la struttura della missione. Questo servirà ad evidenziare le contraddizioni della  risoluzione 1244, la quale prevede una sostanziale autonomia all’interno della Repubblica Federale di Jugoslavia, che mantiene la sovranità sulla Provincia, ma allo stesso tempo autorizza un’amministrazione internazionale a detenere tutti i poteri di governo per un periodo transitorio. La missione si fonda su un progetto ambizioso di costruzione di un apparato istituzionale e sociale democratico e stabile. L’obiettivo in questo caso sarà di dimostrare come le contraddizioni espresse nella risoluzione, e la discrepanza tra ciò che è affermato sulla carta e la realtà, sono causa del fallimento della missione. In secondo luogo verranno analizzati gli approcci contrastanti dei diversi attori e il potere di influenza che essi hanno sulle sorti della vicenda. Vedremo che anche il modo ambiguo e strumentale con cui i colossi internazionali affrontano la crisi è causa del fallimento della missione. Infine verrà analizzato l’assetto giuridico del Kosovo, dall’analisi del quale risulterà che il problema centrale, ossia lo status della Provincia, causa del conflitto stesso, non è stato risolto, andando a costituire la causa prima della perenne instabilità della regione. Questo fatto, insieme all’incapacità degli attori internazionali e regionali di accordarsi sullo status finale indeboliscono fortemente l’efficacia dell’amministrazione internazionale, che non può che prendere atto della propria sconfitta.

La terza fase si apre quindi con la dichiarazione unilaterale d’indipendenza, che sostanzialmente sancisce il fallimento del progetto internazionale di stabilizzazione e democratizzazione guidata del Kosovo. Con questa missione si voleva creare un esempio positivo di risoluzione pacifica di un conflitto, ma si dimostrerà invece come il Kosovo rappresenti un pericoloso precedente per altre possibili rivendicazioni autonomistiche. In seguito si analizzerà l’attuale assetto giuridico e si noterà come permangano ancora tutta una serie di ambiguità, eredi delle contraddizioni tra le fonti di diritto internazionale su cui si fondava la missione dell’Onu. Il Kosovo è oggi uno Stato indipendente formalmente, ma di fatto non pienamente sovrano. Inoltre si dimostrerà come l’indipendenza faccia riemergere una serie di problemi cronici intrinseci nella realtà sociale kosovara, gli stessi che causarono delle difficoltà nella gestione materiale del territorio da parte dell’amministrazione Onu: un’economia arretrata e in costante stagnazione, un’élite politica inefficiente e corrotta, e soprattutto la forte radicalizzazione dei poteri criminali nella maggior parte dei settori sociali. Infine si cercherà di spiegare quali sono le possibili vie d’uscita verso una definitiva stabilizzazione regionale. Con la presa d’atto della difficoltà di fare previsioni a lungo termine, ci si limiterà a constatare che una soluzione positiva è davvero possibile.  Con ciò si vuole sottolineare che l’Unione Europea in particolare può essere il motore, e allo stesso tempo lo scopo, della rinascita balcanica e che solo esercitando la sua attrattiva economica e politica forse gli Stati della regione cominceranno davvero a voltare pagina, mettendo da parte i sentimenti nazionalistici in favore di un approccio più pragmatico che abbia come primo obiettivo la crescita economica e il benessere sociale. Solo così si potrà mettere fine ai conflitti etnici e stabilizzare definitivamente il Kosovo e la regione balcanica occidentale.


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